I lavori di restauro
IL PROGETTO DI RESTAURO CONSERVATIVO
Gli interventi di restauro sono stati effettuati dalla Soprintendenza nel periodo compreso tra il 1986 e il 2002 e sono iniziati con una serie di opere provvisionali e un primo grossolano sgombero delle macerie di crollo all’interno della rocca. In precedenza, negli anni ‘70 erano state eseguite opere provvisorie di consolidamento che avevano tuttavia consentito di limitare i crolli negli anni successivi. Dopo il 1987 i restauri sono proseguiti di pari passo con campagne di scavo archeologico che hanno portato alla scoperta di strutture murarie poste circa tre metri al di sotto della pavimentazione in acciottolato, poi rivelatasi frutto di una importante sistemazione tardo quattrocentesca, ma soprattutto è stato ritrovato il primitivo formo fusorio protetto all’interno della cinta muraria, situato ai piedi della rocca.
Il progetto di conservazione è stato predisposto dopo aver eseguito accurati rilievi architettonici, analisi e ricerche di vario genere.
Tra i lavori più significativi conseguenti alle scelte di conservazione adottate, vanno senz’altro citati il restauro del paramento, sia interno che esterno della rocca, e le ricostruzioni murarie. Queste ultime sono state effettuate con prevalente funzione strutturale, ad esempio in tutti quei casi in cui era necessario ricucire e ammorsare setti in precaria situazione statica, spesso abbinando la ricostruzione a iniezioni di consolidamento e a inserimenti di barre in acciaio. In altri casi la ricostruzione è stata concepita con funzione di controventamento per murature soggette a pressoflessione, o ancora , conseguentemente alla predisposizione degli appoggi della copertura.
Altre volte, come nel caso della foronomia della facciata sud, le ricostruzioni sono state progettate per riconnettere situazioni architettoniche di evidente fastidio visivo. Il rifacimento murario più complesso ha comunque riguardato le ricostruzioni perimetrali del lato nord necessarie per sostenere la spinta dei soprastanti setti murari posti a est e per dare stabilità alla torre nord, ma anche utili per rendere individuabile il reale perimetro della rocca, e percepibile la volumetria originaria. Le murature nuove, pur se realizzate con gli stessi materiali e le stesse metodiche, sono state separate rispetto al paramento murario originario con una lamina di piombo interposta nella zona di contatto. Inoltre presentano comunque una superficie più chiara, meno “patinata” dalla ossidazione naturale e, pur non disturbando nella visione di insieme, consentono anche ad un osservatore distratto di coglierne la distinzione. I materiali utilizzati sono quelli ottenuti dal recupero degli elementi di crollo. In particolare il pietrame è stato recuperato, vagliato e selezionato conseguentemente allo scavo nelle aree sottostanti e adiacenti alla rocca. Il pietrame di dimensioni maggiori è stato adoperato per la ricostruzione del paramento esterno, mentre il materiale minuto e meno regolare ha trovato utilizzo, come nelle murature originali, nella parte interna, senza per questo creare una muratura a sacco. Lo stesso è stato impastato con malta di “calce gettata”, appositamente predisposta in cantiere. Il riutilizzo di questa tecnica, che forse per la prima volta è stata riesumata in un intervento di restauro, si è reso possibile con prove sperimentali in cantiere che hanno previsto lo spegnimento della calce viva al momento dell’impiego.
La validità di questa tecnologia, peraltro documentata da Vitruvio nel suo “Libro su l’Architettura” e da questi chiamata “calde broada” è risultata evidente in seguito a specifiche analisi di laboratorio compiute su campioni prelevati dalle murature realizzate. Inoltre è stato eseguito restauro di tutti i paramenti esterni sigillando i bordi delle porzioni di intonaco distaccate ed eseguendo successivamente iniezioni di consolidamento con boiacca a fluidità variabile, a base di calce idraulica desalinizzata. Così pure si sono ricostruite, dove necessario, le malte di allettamento e gli intonaci procedendo con un sistematico controllo simultaneo ravvicinato e a distanza che ha consentito di calibrare gli interventi nel modo ottimale per non alterare con operazioni arbitrarie e formalmente discutibili l’attuale consistenza e identità delle facciate. Le pietre, soprattutto nelle zone di maggior degrado o di maggior interesse strutturale, sono state consolidate, a seconda dei casi, con resina poliestere o con iniezioni di resina epossidica, utilizzando la prima per l’incollaggio di esfoliazioni superficiali e la seconda per incollaggi e consolidamenti strutturali. Le pietre sono state poi trattate con impregnazione ripetuta di silicato di etile in considerazione dell’eccezionale esposizione agli agenti atmosferici e della difficoltà di successivi interventi manutentivi. Sui merli è stata invece progettata una specifica protezione. Si tratta di una copertina, sperimentata in cantiere in diverse varianti, e poi realizzata in forma definitiva impiegando resina elastomerica bicomponente, ancorata alla muratura tramite rete in acciaio inox bloccata con perni del medesimo materiale, ricoperta, prima del completo indurimento con malta di cemento lisciata e rifinita con copertina di sacrificio in malta di calce pigmentata e con trattamento idrorepellente. Il restauro si è concluso con la registrazione pittorica ad acquerello delle nuove malte e con la stesura del protettivo silossanico su tutte le superfici.
IL PROGETTO DELLA COPERTURA E DEI NUOVI PERCORSI
La rocca vista dall’esterno, si configura come un oggetto estremamente emblematico in cui la linea di separazione tra il masso erratico e le murature di pietrame sembra definire una simmetria in cui il castello si rispecchia nel monolite di pietra. Potremmo dire, quasi che l’architettura dei ruderi, in questo caso sinonimo di cultura, si confronti con la natura rappresentata dal sasso. Anche per questi motivi è stata scelta una soluzione di copertura che rispettasse al massimo l’edificio esistente e fosse di conseguenza la più discreta possibile, nel tentativo di conservare pienamente le testimonianze superstiti dei saperi tradizionali e delle tecniche costruttive originarie. Inoltre il mantenimento degli attuali profili è stato considerato imprescindibile, anche in conseguenza degli importantissimi risvolti paesaggistici, così da non modificare il rapporto, estremamente significativo, tra l’oggetto dell’intervento e il contesto in cui è inserito. La silhouette dei ruderi può infatti definirsi una quinta del teatro dolomitico, stagliata sullo sfondo del Lagazuoi e del Sas de Stria. Inoltre l’intervento doveva possedere la massima neutralità, contrapponendo all’andamento organico della rocca una griglia geometrica che nella sua rigidità permettesse la percezione del piegarsi delle murature, del loro discostarsi dall’ortogonalità a cui siamo abituati e che rappresenta inequivocabilmente, unita alla riproducibilità tecnica, una cifra del presente.La struttura prescelta ha la prerogativa di poter essere installata solamente con alcuni, ben calibrati, appoggi puntiformi sufficienti a sostenerla (n. 14 appoggi di cui n.1 a cerniera vincolato in tutte le direzioni e n.1 a carrello svincolato in una direzione), e ha inoltre la possibilità di ottenere, tramite mensole a sbalzo altrimenti impossibili, il maggior aggetto sui crolli. Sulla struttura portante così realizzata (reticolo spaziale “Mero-Mannesmann”) è stato sovrapposto un serramento metallico che appoggia solamente sui nodi rigidi (della “Mero”). L’esito finale è stata la realizzazione di una copertura in ferro vetro modulare secondo la dimensione massima possibile data dagli appoggi e dai sovraccarichi ipotizzati (800kg/mq). Tale copertura, di dimensioni pari a mq 210, è costruita con tubi zincati a caldo di vario dimensionamento rispondenti alla natura delle sollecitazioni, e da serramento metallico tamponato con lastre di vetro temperato extra chiaro realizzate in pannelli con laminazione di film poliuretanico ad alta resistenza alle basse temperature e choc termici, giuntati al telaio con guarnizioni di neoprene e sigillati con silicone elastomerico ad alata resistenza. La quota di calpestio delle nuove coperture corrisponde esattamente a quella delle tracce dell’ultimo solaio preesistente, ovvero, nel caso della rocca, al livello che rende possibile l’affaccio dai merli.
Un sistema di passaggi per il pubblico garantisce l’accesso e la visitabilità della rocca. Le scalette ove possibile si adattano alla struttura esistente, in taluni casi sovrapponendosi alle parti originarie, evitando così la loro ulteriore usura. In altre situazioni, invece, sostituiscono le scale mancanti con percorsi che possiedono una logica alternativa non dettata dalla tipologia originaria, ma dalla necessità di rispettare le strutture superstiti. Tali percorsi permettono la completa accessibilità dal cortile sino alla copertura vetrata da cui è possibile ammirare uno straordinario paesaggio e la sottostante visione degli spazi interni e della loro sequenza stratigrafica. Una particolare attenzione è stata posta per la realizzazione del progetto della scala esterna che, inerpicandosi sul sasso, consente di raggiungere l’originario atrio d’ingresso. Questa infatti è stata modellata in modo da assecondare il sasso e da risultare, per quanto possibile, poco visibile permettendo comunque la percezione ravvicinata di interessantissimi particolari costruttivi del castello, e riproponendo l’uso dell’originaria prima rampa costruita da Bartolomeo Chiusole nel 1598-99.
Gli interventi di restauro sono stati effettuati dalla Soprintendenza nel periodo compreso tra il 1986 e il 2002 e sono iniziati con una serie di opere provvisionali e un primo grossolano sgombero delle macerie di crollo all’interno della rocca. In precedenza, negli anni ‘70 erano state eseguite opere provvisorie di consolidamento che avevano tuttavia consentito di limitare i crolli negli anni successivi. Dopo il 1987 i restauri sono proseguiti di pari passo con campagne di scavo archeologico che hanno portato alla scoperta di strutture murarie poste circa tre metri al di sotto della pavimentazione in acciottolato, poi rivelatasi frutto di una importante sistemazione tardo quattrocentesca, ma soprattutto è stato ritrovato il primitivo formo fusorio protetto all’interno della cinta muraria, situato ai piedi della rocca.
Il progetto di conservazione è stato predisposto dopo aver eseguito accurati rilievi architettonici, analisi e ricerche di vario genere.
Tra i lavori più significativi conseguenti alle scelte di conservazione adottate, vanno senz’altro citati il restauro del paramento, sia interno che esterno della rocca, e le ricostruzioni murarie. Queste ultime sono state effettuate con prevalente funzione strutturale, ad esempio in tutti quei casi in cui era necessario ricucire e ammorsare setti in precaria situazione statica, spesso abbinando la ricostruzione a iniezioni di consolidamento e a inserimenti di barre in acciaio. In altri casi la ricostruzione è stata concepita con funzione di controventamento per murature soggette a pressoflessione, o ancora , conseguentemente alla predisposizione degli appoggi della copertura.
Altre volte, come nel caso della foronomia della facciata sud, le ricostruzioni sono state progettate per riconnettere situazioni architettoniche di evidente fastidio visivo. Il rifacimento murario più complesso ha comunque riguardato le ricostruzioni perimetrali del lato nord necessarie per sostenere la spinta dei soprastanti setti murari posti a est e per dare stabilità alla torre nord, ma anche utili per rendere individuabile il reale perimetro della rocca, e percepibile la volumetria originaria. Le murature nuove, pur se realizzate con gli stessi materiali e le stesse metodiche, sono state separate rispetto al paramento murario originario con una lamina di piombo interposta nella zona di contatto. Inoltre presentano comunque una superficie più chiara, meno “patinata” dalla ossidazione naturale e, pur non disturbando nella visione di insieme, consentono anche ad un osservatore distratto di coglierne la distinzione. I materiali utilizzati sono quelli ottenuti dal recupero degli elementi di crollo. In particolare il pietrame è stato recuperato, vagliato e selezionato conseguentemente allo scavo nelle aree sottostanti e adiacenti alla rocca. Il pietrame di dimensioni maggiori è stato adoperato per la ricostruzione del paramento esterno, mentre il materiale minuto e meno regolare ha trovato utilizzo, come nelle murature originali, nella parte interna, senza per questo creare una muratura a sacco. Lo stesso è stato impastato con malta di “calce gettata”, appositamente predisposta in cantiere. Il riutilizzo di questa tecnica, che forse per la prima volta è stata riesumata in un intervento di restauro, si è reso possibile con prove sperimentali in cantiere che hanno previsto lo spegnimento della calce viva al momento dell’impiego.
La validità di questa tecnologia, peraltro documentata da Vitruvio nel suo “Libro su l’Architettura” e da questi chiamata “calde broada” è risultata evidente in seguito a specifiche analisi di laboratorio compiute su campioni prelevati dalle murature realizzate. Inoltre è stato eseguito restauro di tutti i paramenti esterni sigillando i bordi delle porzioni di intonaco distaccate ed eseguendo successivamente iniezioni di consolidamento con boiacca a fluidità variabile, a base di calce idraulica desalinizzata. Così pure si sono ricostruite, dove necessario, le malte di allettamento e gli intonaci procedendo con un sistematico controllo simultaneo ravvicinato e a distanza che ha consentito di calibrare gli interventi nel modo ottimale per non alterare con operazioni arbitrarie e formalmente discutibili l’attuale consistenza e identità delle facciate. Le pietre, soprattutto nelle zone di maggior degrado o di maggior interesse strutturale, sono state consolidate, a seconda dei casi, con resina poliestere o con iniezioni di resina epossidica, utilizzando la prima per l’incollaggio di esfoliazioni superficiali e la seconda per incollaggi e consolidamenti strutturali. Le pietre sono state poi trattate con impregnazione ripetuta di silicato di etile in considerazione dell’eccezionale esposizione agli agenti atmosferici e della difficoltà di successivi interventi manutentivi. Sui merli è stata invece progettata una specifica protezione. Si tratta di una copertina, sperimentata in cantiere in diverse varianti, e poi realizzata in forma definitiva impiegando resina elastomerica bicomponente, ancorata alla muratura tramite rete in acciaio inox bloccata con perni del medesimo materiale, ricoperta, prima del completo indurimento con malta di cemento lisciata e rifinita con copertina di sacrificio in malta di calce pigmentata e con trattamento idrorepellente. Il restauro si è concluso con la registrazione pittorica ad acquerello delle nuove malte e con la stesura del protettivo silossanico su tutte le superfici.
IL PROGETTO DELLA COPERTURA E DEI NUOVI PERCORSI
La rocca vista dall’esterno, si configura come un oggetto estremamente emblematico in cui la linea di separazione tra il masso erratico e le murature di pietrame sembra definire una simmetria in cui il castello si rispecchia nel monolite di pietra. Potremmo dire, quasi che l’architettura dei ruderi, in questo caso sinonimo di cultura, si confronti con la natura rappresentata dal sasso. Anche per questi motivi è stata scelta una soluzione di copertura che rispettasse al massimo l’edificio esistente e fosse di conseguenza la più discreta possibile, nel tentativo di conservare pienamente le testimonianze superstiti dei saperi tradizionali e delle tecniche costruttive originarie. Inoltre il mantenimento degli attuali profili è stato considerato imprescindibile, anche in conseguenza degli importantissimi risvolti paesaggistici, così da non modificare il rapporto, estremamente significativo, tra l’oggetto dell’intervento e il contesto in cui è inserito. La silhouette dei ruderi può infatti definirsi una quinta del teatro dolomitico, stagliata sullo sfondo del Lagazuoi e del Sas de Stria. Inoltre l’intervento doveva possedere la massima neutralità, contrapponendo all’andamento organico della rocca una griglia geometrica che nella sua rigidità permettesse la percezione del piegarsi delle murature, del loro discostarsi dall’ortogonalità a cui siamo abituati e che rappresenta inequivocabilmente, unita alla riproducibilità tecnica, una cifra del presente.La struttura prescelta ha la prerogativa di poter essere installata solamente con alcuni, ben calibrati, appoggi puntiformi sufficienti a sostenerla (n. 14 appoggi di cui n.1 a cerniera vincolato in tutte le direzioni e n.1 a carrello svincolato in una direzione), e ha inoltre la possibilità di ottenere, tramite mensole a sbalzo altrimenti impossibili, il maggior aggetto sui crolli. Sulla struttura portante così realizzata (reticolo spaziale “Mero-Mannesmann”) è stato sovrapposto un serramento metallico che appoggia solamente sui nodi rigidi (della “Mero”). L’esito finale è stata la realizzazione di una copertura in ferro vetro modulare secondo la dimensione massima possibile data dagli appoggi e dai sovraccarichi ipotizzati (800kg/mq). Tale copertura, di dimensioni pari a mq 210, è costruita con tubi zincati a caldo di vario dimensionamento rispondenti alla natura delle sollecitazioni, e da serramento metallico tamponato con lastre di vetro temperato extra chiaro realizzate in pannelli con laminazione di film poliuretanico ad alta resistenza alle basse temperature e choc termici, giuntati al telaio con guarnizioni di neoprene e sigillati con silicone elastomerico ad alata resistenza. La quota di calpestio delle nuove coperture corrisponde esattamente a quella delle tracce dell’ultimo solaio preesistente, ovvero, nel caso della rocca, al livello che rende possibile l’affaccio dai merli.
Un sistema di passaggi per il pubblico garantisce l’accesso e la visitabilità della rocca. Le scalette ove possibile si adattano alla struttura esistente, in taluni casi sovrapponendosi alle parti originarie, evitando così la loro ulteriore usura. In altre situazioni, invece, sostituiscono le scale mancanti con percorsi che possiedono una logica alternativa non dettata dalla tipologia originaria, ma dalla necessità di rispettare le strutture superstiti. Tali percorsi permettono la completa accessibilità dal cortile sino alla copertura vetrata da cui è possibile ammirare uno straordinario paesaggio e la sottostante visione degli spazi interni e della loro sequenza stratigrafica. Una particolare attenzione è stata posta per la realizzazione del progetto della scala esterna che, inerpicandosi sul sasso, consente di raggiungere l’originario atrio d’ingresso. Questa infatti è stata modellata in modo da assecondare il sasso e da risultare, per quanto possibile, poco visibile permettendo comunque la percezione ravvicinata di interessantissimi particolari costruttivi del castello, e riproponendo l’uso dell’originaria prima rampa costruita da Bartolomeo Chiusole nel 1598-99.